Nel 1989 un analista finanziario appassionato di antichità comprò in un mercatino delle pulci ad Adamstown, Pennsylvania, un vecchio quadretto raffigurante una scena campestre, perché gli piaceva la cornice; infatti l’intenzione dell’uomo era quella di comprare il dipinto, costava appena 4 dollari, per poi recuperare la cornice e restaurarla. Tornato a casa, provò a staccare la cornice che si ruppe, ma rivelò qualcosa di inaspettato: nel retro del quadro, tra la tela e la base di legno, era contenuto un documento piegato. Fece esaminare il ritrovamento ad un esperto del settore che costatò che si trattasse di una delle copie della prima stampa della Dichiarazione d’Indipendenza, stampata il 4 Luglio 1776 da John Dunlap. Fino a quel momento si era a conoscenza dell’esistenza di 24 copie, 3 delle quali appartenevano a privati cittadini.
Il fortunato documento fu messo all’asta il 4 giugno 1991 presso la famosa casa d’aste Sotheby’s, che stimava un valore che si aggirava intorno ai 1.000 dollari: fu venduta per la cifra di 2.420.000 dollari. La preziosa copia fu aggiudicata a Donald Scheer, presidente della Visual Equities Inc., una compagnia finanziaria di Atlanta, che aveva eseguito parte degli investimenti nel mondo dell’arte e collezionava rare opere d’arte. Ai giornalisti Scheer rivelò che sarebbe stato disposto a pagare ancora di più pur di ottenere quell’incredibile reperto, che definì «living document», e che per lui rappresentava più di un investimento, perché era la viva testimonianza della storia del proprio Paese.
Il 30 Giugno del 2000, la Copia della Dichiarazione d’Indipendenza Americana fu rimessa in vendita sempre presso Sotheby’s, la quale avviò un’asta online che fu molto movimentata. La prima offerta fu di 4 milioni di dollari, ma durante la giornata le offerte si susseguirono e il documento fu aggiudicato al produttore televisivo Norman Lear, il quale aveva offerto ben 8 milioni di dollari. Lear teneva molto ad aggiudicarsi la Dichiarazione, perché era sostenitore del primo emendamento, quello a tutela della libertà di espressione, e si adoperava affinché venisse rispettato. A seguito dell’avvenimento, un portavoce di Sotheby’s rivelò che la decisione di eseguire l’operazione sul web, voleva essere una dimostrazione che Internet potesse essere un ambiente fertile per le aste di opere d’arte e questa iniziativa aveva avuto pieno successo.
