
Quella di Ettore Guatelli è la storia singolare di un uomo innamorato delle proprie origini contadine, che ha voluto preservare dall’oblio che lo scorrere del tempo implica, fondando un museo.
Ettore nacque il 18 aprile del 1921 a Collecchio, un paesino nella campagna parmense, in una famiglia contadina originaria di Ozzano Taro, in provincia di Parma. Fin da piccolo fu afflitto da problemi di salute, che lo tormentarono per tutta la vita, ma che non gli impedirono di arruolarsi nel 1942 alla leva dell’esercito, da cui poi disertò per passare al movimento antifascista.
L’incontro con il poeta Attilio Bertolucci segnò fortemente la sua formazione e gli permise, grazie al suo aiuto, di conseguire il diploma magistrale. Negli anni Cinquanta intraprese la carriera politica diventando consigliere comunale del proprio paese e poi segretario dei deputati. In questo periodo iniziò a frequentare alcuni circoli di letterati e intellettuali di Parma e si dedicò alla scrittura dei suoi Diari. In questo modo incomincia a frequentare i magazzini dei raccoglitori dell’Appennino inizialmente spinto solo dalla curiosità, poi pian piano per comprare e salvare dalla distruzione gli oggetti delle case contadine e delle botteghe artigiane. Dagli anni Cinquanta fino agli Settanta, i rapporti con i fornitori si fecero sempre più intensi; raccoglitori, rottamai, antiquari della bassa cremonese e parmense, più di settanta, da un lato svolgevano le loro attività di recupero e rivendita come reazione alla povertà, dall’altra erano incentivati proprio dallo stesso Guatelli, che acquistò 60.000 pezzi, a recuperare oggetti di scarso valore, che non trovano posto nel mercato dell’antiquariato. In modo spontaneo, venne a crearsi una vera e propria squadra di raccoglitori, che aveva l’obiettivo di salvare mobili, ferri, attrezzi, utensili, ma anche stracci e scarti della lavorazione alimentare dall’oblio. «Tutti sono capaci di fare un museo con le cose belle, più difficile è crearne uno bello con le cose umili come le mie».
Nel frattempo nel 1968 vinse il concorso per diventare insegnate alle scuole elementari, professione che svolse fino al 1977, quando andò in pensione. Proprio negli anni Settanta, Guatelli iniziò a acquisire consapevolezza sul proprio lavoro di ricercatore locale e la sua raccolta iniziò a suscitare interesse tra gli abitanti della zona, ma anche tra le istituzioni. Da questo momento in poi, fino alla morte avvenuta nel 2000, l’uomo si dedica a capofitto al suo progetto, raccogliendo oggetti, accogliendo visitatori e riallestendo continuamente le stanze: la sua opera museografica prese forma.
«Il museo dell’ovvio», così era solito chiamare Guatelli la sua collazione di oggetti ordinari e banali, la cui unicità non era data dalla loro preziosità economica, ma dall’uso quotidiano che uomini e donne comuni ne avevano fatto e su cui avevano lasciato una propria impronta. Gli oggetti custoditi nel museo sono testimonianze della vita contadina, l’unica, secondo Guatelli, capace di mettere in profonda connessione l’uomo con la vita: raccontano fisicamente storie e antichi saperi che tradizionalmente venivano trasmessi oralmente. Il suo museo è una miniera di memorie contadine semplici, ma ricche di significati, perché costituiscono il nostro passato, il nostro presente, il nostro futuro. «Io vorrei un museo dall’estremo ieri all’estremo domani» era questa il sogno di Ettore Guatelli.
Nel 2003 il Museo è diventato una Fondazione, la cui missione è quella di gestire l’eredità di Guatelli e valorizzare il suo patrimonio, raccontandolo al pubblico contemporaneo con semplicità, emozionalità e creatività.

